Durante il lockdown il mondo intero ha sperimentato il ritiro sociale forzato, a causa della pandemia. Ci sono giovani che l’isolamento lo scelgono volontariamente, chiudendosi dentro le proprie stanze e escludendo ogni rapporto con le persone, familiari compresi. Trascorrono il tempo con i dispositivi tecnologici e online. Questo fenomeno si chiama Hikikomori ed è stato studiato negli anni ’80 in Giappone. In Italia è noto da meno di un decennio e i ragazzi che ne soffrono sono almeno 100 mila.
Da otto anni, è presente in Sicilia, l’associazione Hikikomori Italia Genitori onlus, oggi coordinata da Marcella Greco, che riunisce le famiglie dei ragazzi “ritirati”. Nei giorni scorsi, è stato firmato dalla presidentessa dell’associazione Genitori Hikikomori Italia, Elena Maria Chiesa Carolei un importante protocollo di intesa con l’Ufficio scolastico regionale della Sicilia affinché si rafforzi un patto di solidarietà tra scuola e famiglie per la conoscenza, l’individuazione, la gestione e la sensibilizzazione sul fenomeno.
Tra gli elementi del protocollo che andranno incontro alle necessità delle famiglie dei ragazzi Hikikomori, c’è l’attivazione di didattiche specifiche, come la DAD, ci sono sportelli di ascolto per studenti e genitori, formazione di docenti e azioni di sensibilizzazione. Tra le iniziative per far parlare di Hikikomori, ci sarà uno spettacolo “C’è nessuno”, organizzato dalla coordinatrice dell’associazione siciliana, Marcella Greco e dalla psicologa Emanuela Tornabene, che andrà in scena il 16 maggio, al Teatro Politeama di Palermo. È stato scritto e sarà interpretato da Gioacchino Cappelli, figlio d’arte, dell’attrice Lucia Sardo e del regista Marcello Cappelli, ed egli stesso Hikikomori risolto.
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