Venti anni fa usciva il numero zero di Dedalo. Lunga vita a Dedalo.
Quando a dicembre 2001 vide la luce il numero zero di Dedalo non tutti la pensavano così. I soliti disfattisti infatti, “murmuriannu” in perfetto stile ennese, ne presagivano già l’imminente fine. Nulla è eterno, tutto perisce. E’ così che, in ossequio all’eternità e alla pigrizia, si finisce per annullare anche quello spazio intermedio tra la nascita e la morte che si chiama vita. Dedalo invece ha raggiunto la maggiore età nonostante sia stato da giovincello un tantino arrogante, presuntuoso e rompiscatole. Proprio come si conviene ai giovani che sono smaniosi di voltar pagina e di cambiare in meglio per creare un mondo a propria misura e che cominciano a infastidire il quieto vivere borghese scampanellando i citofoni dei palazzi.
Dedalo ha creato una piazza virtuale nella quale si sono cimentati in tanti a porre problemi, suggerire soluzioni, a criticare e a contraddire e perfino ad auto contraddirsi ridestando però un senso della polis che si era smarrito nel grigio crepuscolo degli anni novanta. Una scossa salutare per una città che si era fermata, che non aveva una visione di se stessa e del proprio futuro e che doveva interrogare se stessa e soprattutto il Palazzo, la cittadella nebbiosa del potere. Una città senza informazione e dibattito, anche allora priva di un cinema e di un’opinione pubblica è destinata a perdersi. Ricordo con gioia, unita a rimpianto, che Dedalo è stata anche una scuola di giornalismo che ha prodotto professionisti che, come tanti giovani ennesi, sono stati costretti a prendere il volo verso realtà più dinamiche e capaci di riconoscerne il merito. E’ stato anche grazie a loro che tra un numero e l’altro dell’edizione cartacea fermentava in città una fervida attesa per l’uscita del nuovo numero. La migliore conferma della qualità del giornale e del gradimento dei lettori. Onorato di aver fatto parte di questa famiglia.
Renzo Pintus
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